Il cielo in una sogliola: intervista all’illustratrice Gaia Cairo

Abbiamo fatto una chiacchierata con Gaia Cairo (@ilcieloinunasogliola), illustratrice e designer freelance.

Abbiamo fatto una chiacchierata con Gaia Cairo (@ilcieloinunasogliola), illustratrice e designer freelance.

Ci siamo fatti raccontare il suo percorso, quale ruolo ricoprano secondo lei l’educazione ambientale e la comunicazione scientifica e, chiaramente, quale sia l’importanza dell’acqua all’interno della sua produzione artistica.

Ciao Gaia, come prima cosa ti va di presentarti raccontando un po’ cosa ti ha portato dove sei ora?

Dopo il liceo artistico ero estremamente indecisa se studiare Design d’Interni o Scienze Naturali: due cose che non c’entrano niente l’una con l’altra, ma ho sempre avuto la passione per la natura e già alle superiori avevo iniziato a lavorare in un diving center, a fare esperienza come subacquea, avevo la passione per la natura, e poi quella per il mare ha iniziato ad aumentare. Alla fine, però, ho fatto Design, perché ho provato a rimanere nell’ambito artistico.

Poi ho studiato Illustrazione Editoriale, anche se in realtà in tutto questo periodo ho sempre pensato non avrei mai lavorato coi disegni. Dopo la laurea in Design con questo corso di illustrazione ho iniziato un po’ a rivalutarla come metodo di comunicazione: lì è scattato qualcosa in più. Prima non riuscivo bene a inquadrare quale utilità dare al disegno, e avevo un po’ l’ansia del fatto che dovesseesserci sempre un’utilità nel mio operato.

Dopo aver studiato illustrazione editoriale sono partita per la Grecia e sono andata a vivere in un istituto di conservazione marina, in una ONG che operava a Samos, vicino alla Turchia, e faceva ricerca e divulgazione sia sul mare che sulla terra. Lavoravo come illustratrice scientifica e producevo il materiale grafico utile all’istituto per fare comunicazione di vario tipo. È stato bellissimo perché ho iniziato a riavvicinarmi all’approccio scientifico, che avevo studiato quando avevo fatto il test per Scienze Naturali. Ho lavorato con biologi e con ricercatori e sono rimasta otto mesi, entrando in contatto con realtà diverse lavorando un po’ anche coi migranti.

gaia cairo
L’illustratrice Gaia Cairo, su Instagram @ilcieloinunasogliola

Poi mi sono spostata in Croazia, dove c’era l’idea di aprire un’altra ONG. Da lì ho capito che volevo lavorare nell’ambito del disegno.

Intanto sono diventata istruttrice sub, quindi ho continuato sempre a lavorare con il mare. Poi sono tornata in Italia e mi sono iscritta a un corso di Comunicazione per fauna, ambiente e paesaggio, che è un nuovo master dell’Insubria. La mia era la prima edizione, ma erano anni che speravo uscisse qualcosa del genere. Questo corso era molto nelle mie corde perché punta a sfruttare il proprio linguaggio. Nella nostra classe c’erano persone con percorsi molto diversi, c’erano documentaristi, illustratori, divulgatori. Da lì ho dato più forma e struttura al mio lavoro, e mi sono inserita in una serie di ambiti per cui ho iniziato per esempio a lavorare nel settore della progettazione museale, dell’allestimento sempre in ambito scientifico. Adesso sto seguendo dei musei per cui devo fare le illustrazioni, dal disegno del verme, a quello del pesce abissale. Il filo comune è sempre quello di arte e scienza, comunicando la scienza in modi diversi e innovativi.

Come è nato il nome “Il cielo in una sogliola”?

È nato un po’ a caso, ma poi mi ci sono affezionata e ho continuato a utilizzarlo. Io sono perfezionista, temo sempre di sbagliare. Quando ho iniziato a viaggiare avevo pochi materiali e poco spazio. Ho preso un mini taccuino con me e mi sono detta che avrei disegnato lì tutto quello che mi veniva in mente mentre viaggiavo. Ho pensato anche di sfruttare l’occasione per superare la mia ansia di sbagliare. Non mi sono portata matite né nulla, disegnavo solo a pennelli e di un solo colore. Tutto quello che facevo doveva rimanere lì. Avevo solo la china blu, perché ero appunto ossessionata dal mare e dal blu, e un pennello, e ho iniziato a sperimentare, a disegnare cose un po’ diverse.

“Banco”

Un giorno stavo disegnando questa sogliola, perché mi piacciono gli animali di mare sottovalutati, poco considerati, ma l’inchiostro asciugandosi ha creato delle macchie particolari. Io volevo fare il manto tutto a puntini, solo che quando l’ho finita il disegno si era asciugato in un modo strano. Sembrava esserci una sogliola con un cielo, più che la reale colorazione di una sogliola. Quindi ho pensato a un cielo in una sogliola.

Poi c’era chiaramente la canzone “Il cielo di una stanza”. Mi è rimasto in testa questo nome, e quando ho dovuto aprire il mio primo sito è la prima cosa che mi è rimbalzata in mente. Poi negli anni ho iniziato a vederci un senso: mi piaceva l’idea di trovare la bellezza di universi interi in cose molto piccole che magari tendono a mimetizzarsi, a stare sul fondo senza farsi notare. Ma se uno ha la pazienza di andarle a osservare ci scopre dentro un mondo.

Qual è il ruolo dell’acqua nel tuo lavoro, sia in termini di scelta dei soggetti che come strumento da utilizzare?

Quando ero piccola mi piaceva il mare, ma io in realtà sono nata montanara e cresciuta sulle montagne. Andavo al mare d’estate, mi affascinava ma poco ne sapevo. Poi mi sono innamorata dell’Isola di Ustica, dove ero andata in vacanza e dove le persone del posto mi hanno detto che se volevo rimanere potevo dare una mano nel diving e mi avrebbero fatto fare il brevetto per andare sott’acqua. Non era una cosa prevista, non mi interessava nulla di tutto ciò, ma in quel momento volevo stare lì e avrei fatto qualsiasi cosa per farlo. Mi sono in seguito resa conto di avere un’ossessione per il mare, per le forme di vita che vi si trovano. Mi sembra un tuffo in un altro pianeta, quello che mi affascina è il fatto che anche la grammatica visiva del mare sia totalmente diversa da quella che c’è sulla terra: anche il fatto che ci sia un mezzo con una densità differente, che le forme delle creature siano diverse, le intensità dei colori cambino.

Ogni volta che mi mettevo le bombole e la muta più che immergermi mi sembrava di essere in un episodio di Star Trek dove si arrivava su un altro pianeta. Più mi sono immersa più è cresciuta la passione per le cose minuscole. Quando fai la guida tutti ti chiedono di vedere le cose gigantesche, quindi mi toccava per lavoro far vedere quelle, però ho scoperto un mondo infinito di granchi, cose meravigliose, minuscole che ti devi andare a sudare e a cercare. Sto capendo che amo vivere in montagna, ma dal punto di vista dell’ispirazione il mare resta il soggetto fondamentale. Penso che quello che mi affascina tanto sia che del mare non si sa proprio nulla: la parte esplorata e scoperta è minuscola. Io sono affascinatissima dagli abissi e dalle forme di vita abissali. Non esistono organismi fotosintetici ma solo chemiosintetici, è diversissimo anche il modo in cui si sviluppa la vita.

gaia cairo
“Polpi di scena”

E poi l’acqua in generale, a parte il potere di calmare, che credo abbia su quasi chiunque, mi affascina così tanto perché l’acquerello tra le altre tecniche è una tecnica abbastanza effimera. Io avevo questo famoso taccuino che portavo in giro, con tutti i miei disegni sopra fatti a china e acquerello. Me lo portavo anche in barca, un giorno è arrivata un’onda e si è portata via metà dei miei disegni, sciogliendoli. Però li ha sciolti un po’ sì e un po’ no, e mi è piaciuto anche quello: mi dà l’idea di una cosa che vive e cresce con me. Anche nel mio modo di disegnare, disegno e poi con l’acqua torno sulla pittura per cambiarla e per sfumarla. Mi piace quest’idea di poter tornare a dare vita e a rimodellarla nel tempo.

Il tuo obiettivo con questi disegni è la rappresentazione fine a se stessa o vuoi anche utilizzarli per lanciare un messaggio?

È quello che mi chiedo costantemente anche io: oscillo molto fra il dare un senso al mio disegno, una comunicazione, e non farlo. Ci sono occasioni, come una mostra fatta a Trieste dal WWF, dove c’erano degli illustratori e artisti a cui era stato chiesto di rappresentare i principi dell’Ocean Literacy. Sono i principi che spiegano il mare, il nostro rapporto con esso. Mi è piaciuto molto perché ho dovuto dare una svolta più narrativa: dovevo spiegare un concetto. Sono usciti dei risultati che sono piaciuti. A me piace quando riesco a fare qualcosa che possa raccontare o comunicare in maniera un po’ esplicita.

Però mi rendo conto che tante altre volte quello che è il mio obiettivo in maniera consapevole o inconsapevole è il trasmettere in un modo o nell’altro la bellezza del mondo acquatico: essendo un mondo sconosciuto al grande pubblico mi accontento anche solo dell’idea di far conoscere delle creature meravigliose, perché la speranza è sempre un po’ che la gente inizi a pensare al mare non come al posto dove vai a pucciare i piedi ad agosto, ma che sia un mondo intero popolato da cose stupende, stranissime e bellissime. La speranza è che ci sia un po’ più di attenzione e di cura, quando ci si rende conto di quello che ci sta là sotto. Se riesco anche solo a far scattare la curiosità di dire “ma cos’è questo pesce strano, fammi andare a vedere”, allora sono contenta.

Secondo te l’illustrazione può parlare un linguaggio più universale rispetto alla scrittura o ad altre forme di comunicazione?

Io in questo momento mi sto un po’ staccando dall’illustrazione puramente scientifica, cioè che rappresenta l’anatomia del pesce, a cui mi dedicavo di più all’inizio. Sto per esempio seguendo un museo per cui rappresento le varie specie in chiave un po’ rivisitata perché credo che sì, sia un livello differente quello dell’illustrazione, o comunque lo è per come lo sto vivendo io. Chiaramente per arrivare a un livello più profondo e didascalico è necessaria la scrittura o per esempio la fotografia, anche nella manualistica. Il grosso problema dell’illustrazione in ambito scientifico è che secondo me è molto di nicchia: è per chi già si interessa alla scienza e trova le illustrazioni sul manuale.

gaia cairo
“Reazione a murena”

Quello che a me piacerebbe è usare l’illustrazione a tema natura ma anche nelle arti applicate, quindi per esempio la trasporto anche nei pattern, nei poster, negli oggetti. È più un livello superficiale probabilmente, è più un “ti incuriosisco, ti appassiono a una cosa, attiro la tua attenzione”, poi mi rendo conto che per un livello di divulgazione successivo è necessario qualcosa di diverso, passo la palla a chi ha più studiato nell’ambito e ha più contenuti.

Quali sono i tuoi progetti per il futuro?

Al momento sto lavorando alla tesi e al museo. Poi io lavoro con l’illustrazione anche in ambiti meno relativi alla scienza, nel senso che faccio disegni per i tessuti, cose di questo genere sempre a tema natura ma con un diverso obiettivo. E poi sto lavorando a una serie di proposte di allestimenti e di mostre. Seguo anche la comunicazione del Pianeta Mare Film Festival, che si svolge a ottobre a tema film di divulgazione scientifica sul mare o sull’acqua. In passato ho seguito altre cose di editoria, per esempio l’anno scorso è uscito un libro illustrato che riguardava le migrazioni nel Mediterraneo, era un libro per bambini. Il ricavato è andato tutto in beneficenza per Mediterranea. Qui il mare era la scenografia, non in senso scientifico-naturalistico ma più umano. Si chiama La leggenda della stella marina.

Noi non possiamo che fare a Gaia Cairo un grosso in bocca al lupo per il suo futuro, sperando di avere presto l’occasione di rincontrarla per farci raccontare come sono andati tutti i progetti che ci ha citato. Voi, invece, continuate a seguirci su Pianeta Azzurro per non perdere nessun aggiornamento e tenere d’occhio l’uscita dei prossimi numeri della rivista con la versione integrale dell’intervista a XX e tante altre novità! Scopri tutte le tariffe e associati o abbonati online su: www.shop.weecnetwork.it.

You May Also Like

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *