BLUE DROPS nr1 – febbraio 2022

Prima ‘uscita’ di BLUE DROPS, la rassegna stampa internazionale di Pianeta Azzurro. Su Instagram trovate la “short version” con i link ad ogni articolo!

Parte oggi BLUE DROPS, la raccolta delle news internazionali di Pianeta Azzurro. Ecco la rassegna selezionata e proposta da Andrea Puglisi.


 

La comunità scientifica rinsalda sempre più la sua visione della realtà, grazie a team interdisciplinari e immensi corpora di dati inseriti in algoritmi d’intelligenza artificiale. Di conseguenza, ci restituisce un’immagine del mondo che si completa ed espande ogni giorno.

Negli ultimi vent’anni, quest’immagine si è caricata di problemi scottanti, potenziali cause di cambiamenti irreparabili. In un mondo che percepiamo come instabile e fragile, ora siamo in grado di prevedere le conseguenze di azioni ancora mai intraprese dalla specie umana.

The Scientific“: Una di queste è il cosiddetto deep-sea mining, lo sfruttamento minerario del fondale marino. Le sconfinate piane abissali sono ricche di metalli rari (o terre rare), da noi usati come componenti di microchip e semiconduttori, e quindi indispensabili per vincere le sfide ecologiche ed energetiche che ci si profilano all’orizzonte. I giacimenti disponibili sulla terraferma sono stati già ampiamente sfruttati, con costi ambientali non indifferenti. Ora, molte compagnie metallifere e stati sovrani hanno diretto l’attenzione agli abissi marini.

L’idea è quella di utilizzare delle draghe “acquatiche” per setacciare il fondale ed estrarre i materiali contenuti nei noduli, aggregati rocciosi delle dimensioni di una patata formatisi in centinaia di milioni di anni (l’equivalente minerario del petrolio). Le simulazioni scientifiche mettono in evidenza una serie di criticità, come la distruzione degli ecosistemi abissali o il sollevamento di polveri e detriti che rischiano di strozzare gli organismi filtratori, dai gamberetti alle megattere. Molti rischi anche dal punto di vista dell’inquinamento acustico: il rumore delle macchine andrà a disturbare pesantemente il mondo sensoriale delle specie che comunicano e cacciano con il suono.

Il rischio più grosso legato ai fenomeni sopradescritti è l’indebolimento della cosiddetta pompa del carbonio, dinamica per la quale l’anidride carbonica nell’atmosfera viene convogliata nel plancton di natura vegetale, il quale viene poi mangiato da organismi che vengono mangiati a loro volta, o che muoiono e finiscono sul fondo del mare, portando con sé il diossido di carbonio incamerato. In pratica, uno dei metodi di madre natura per regolare la percentuale di carbonio in atmosfera. La comunità scientifica ha richiesto una moratoria di dieci anni all’inizio delle operazioni, per avere il tempo di studiare meglio gli ecosistemi in questione e analizzare i rischi. L’International Seabed Authority, organismo che sta cercando di stilare un piano regolatore per il deep-sea mining, deve ancora dare una risposta.

Non è più, dunque, come per i combustibili fossili, il cui impatto ambientale è stato compreso in gran ritardo rispetto allo sfruttamento di quella risorsa. Siamo ora in grado di anticipare le conseguenze delle nostre azioni come specie e di interagire positivamente con le dinamiche planetarie.

Atlas Obscura“: Un ottimo esempio di questa accresciuta consapevolezza ci arriva dal Messico. I nbiologi dell’Università di Michoacán hanno coinvolto la comunità della cittadina di Teuchitlán per salvare la specie del piccolo pesce tequila, risorsa validissima nel contenimento delle zanzare portatrici di malattie che da quasi un ventennio si è estinto in natura. Per quindici anni, i pochi esemplari recuperati dagli acquari di tutto il mondo sono stati allevati in cattività, per poi essere liberati in natura nel 2017. La piccola comunità ittica ammonta ora a 2,000 individui e rappresenta un tentativo ben riuscito di tutela della biosfera e di sensibilizzazione delle comunità locali.

Hakai Magazine“: A questo proposito, non è un caso che negli ultimi anni siano comparse così tante opere che parlano dell’intelligenza di alcuni animali acquatici, i polpi sopra tutti. La più famosa a riguardo si trova su Netflix sotto il titolo di Il mio amico in fondo al mare (My Octopus Teacher), ma un mollusco può davvero diventare nostro amico? La scienza si interroga a fondo sull’argomento, che allude a domande di natura filosofica: che cos’è la coscienza? Quali sono i suoi costituenti biologici?

A forza di osservare i polpi, non siamo riusciti a tacere lo stupore che si faceva in noi sempre più forte. Grandi cacciatori solitari, fini costruttori di nascondigli e strategici avventurieri, dotati di un sistema nervoso distribuito in maniera capillare nella moltitudine smisurata di fibre muscolari specializzate. Un classico esempio di “cervello nei muscoli” ma non solo. I polpi sanno essere socievoli e vivere in vere e proprie colonie, due delle quali sono state ribattezzate dai ricercatori con i suggestivi nomignoli di Octopolis e Octlantis. Nessuna prova definitiva, finora, della loro innata capacità di amare, ma i riscontri sono tanti e tali da aver spinto l’Inghilterra a classificare i polpi (insieme ad altri cefalopodi) sotto la dicitura legale di “specie senzienti”.

Il nostro rapporto col mondo si sta evolvendo, affinando, e sembra quasi possibile riuscire a porci in quell’equilibrio dinamico di cui tanto si parla. Tuttavia, una domanda scomoda aleggia in sottofondo: siamo ancora in tempo?

The Jakarta Post“: Anche a questo non abbiamo risposte certe, solo tanti campanelli d’allarme. Uno fra tanti: Jakarta sta affondando. La capitale indonesiana è vittima dell’innalzamento del livello del mare e del sovrasfruttamento dei pozzi d’acqua dolce nel sottosuolo. Il governo ha deciso di spostare la capitale nei prossimi dieci anni, mentre si affretta a salvare il salvabile costruendo coste artificiali rialzate. Questo è solo un esempio della posta in gioco, uno scenario in cui la nostra capacità di previsione e adattamento fungerà da ago della bilancia fra il disastro e la sopravvivenza.

 

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