Come mostrato da tutti i dati mondiali, stiamo assistendo a un collasso della biodiversità e i paesi del mondo non hanno raggiunto gli obiettivi decisi dalle Nazioni Unite su questo tema nel decennio 2010-2020.
L’IUCN (International Union for the Conservation of Nature), l’ONG internazionale con sede a Gland in Svizzera (fondata nel 1948 nella cittadina francese di Fontainebleau, con la finalità di supportare la comunità internazionale in materia ambientale) e che dal 1999 è riconosciuta come osservatore dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a giugno di quest’anno discuterà di questa drammatica tendenza nel suo congresso mondiale che si terrà a Marsiglia in Francia.
Una questione quella del rapporto uomo-natura di grande attualità, mentre su molti media si discute della stretta relazione tra degrado ed espansione umana sul pianeta e diffusione delle pandemie. (i materiali da leggere su .ECO educazione sostenibile)
Ricapitoliamo un po’ di numeri, alle scale internazionali e nazionali, in merito alla ricchezza e tipologia di diffusione delle specie biologiche sul pianeta: la lista non è corta eoccorre avere pazienza nel leggerla tutta.
- 10 miliardi di euro il costo dei danni provocati finora dalla perdita di biodiversità che, come se non bastasse, continua a procedere ad un ritmo incalzante, un ritmo giudicato dagli esperti da 100 a 1000 volte superiore a quello registrato in epoca preumana.
- In Europa sono oltre 1000 le specie esotiche alloctone e più di 1000 che provocano impatti. Di questi solo il 10% risulta effettivamente noto. Ne sono alcuni esempi l’oca del Canada, il mitilo zebrato, il salmerino, l’acetosella gialla e la nutria, che rientrano tra i 100 peggiori invasori dei nostri ecosistemi e tutti compor-tano un conseguente esborso di denaro. Solo in Inghilterra la perdita causata dagli insetti alloctoni è stata stimata intorno ai 2,8 miliardi di euro l’anno, mentre, più in generale, il costo delle azioni necessarie a contenere gli effetti delle 30 più comuni erbe infestanti introdotte dall’uomo supera i 150 milioni di euro.
- Alla somma vanno aggiunti 3,4 milioni derivanti da piante acquatiche invasive (come il giacinto d’acqua) e da altre alghe marine presenti nei nostri mari. Per il ‘controllo’ delle nutrie si spendono 4 milioni l’anno e si prevede un costo futuro superiore ai 12 milioni di euro.
- Le minacce alla biodiversità non diminuiscono neanche a livello nazionale: in pericolo la metà dei vertebrati e circa un quarto degli uccelli presenti in tutto il territorio nazionale. Per la flora sono in forte rischio 1020 specie vegetali superiori – circa il 15% del totale – e, tra le piante inferiori, lo è anche il 40% delle alghe, licheni, muschi e felci.
- Crescono però le aree protette a livello mondiale: la loro estensione dal 1970 a oggi risulta quintuplicata e raggiunge il 12% delle terre emerse.
- Il rapporto IPBES elaborato negli ultimi tre anni da 145 esperti, provenienti da 50 paesi, con contributi di altri 310 autori, valuta i cambiamenti degli ultimi cinque decenni, fornendo un quadro completo della relazione tra i percorsi di sviluppo economico e il loro impatto sulla natura
- Oltre 1 milione di specie animali e vegetali è oggi a rischio di estinzione – alcune nel giro di pochi decenni
- La presenza media di specie autoctone nella maggior parte dei principali habitat terrestri è diminuita di almeno il 20%, soprattutto a partire dal 1900.
- Più del 40% delle specie di anfibi, quasi il 33% dei coralli di barriera e più di un terzo di tutti i mammiferi marini sono minacciati.
- Il quadro è meno chiaro per le specie di insetti, ma le prove disponibili supportano una stima provvisoria del 10% di specie a rischio.
- Almeno 680 specie di vertebrati sono scomparsi dal XVI secolo ad oggi e più del 9% di tutte le razze di mammiferi domestici utilizzati per l’alimentazione e l’agricoltura si è estinto entro il 2016.
- Tre quarti dell’ambiente terrestre e circa il 66% dell’ambiente marino sono stati significativamente alterati dalle azioni umane.
- Più di un terzo della superficie terrestre mondiale e quasi il 75% delle risorse di acqua dolce sono ora destinate alla produzione agricola o zootecnica.
- Il valore della produzione agricola è aumentato di circa il 300% dal 1970, la raccolta di legname grezzo è aumentata del 45% e circa 60 miliardi di tonnellate di risorse rinnovabili e non rinnovabili sono utilizzate ogni anno a livello mondiale.
- Il degrado della terra ha ridotto la produttività del 23% della superficie terrestre globale: circa 577 miliardi di dollari in colture annuali globali sono a rischio di perdita di impollinatori e 100-300 milioni di persone sono a maggior rischio di inondazioni e uragani a causa della perdita di habitat costieri e di protezione.
- Nel 2015, il 33% degli stock ittici marini è stato pescato a livelli insostenibili; il 60% è stato pescato in modo sostenibile, con appena il 7% di catture a livelli inferiori a quelli che possono essere pescati in modo sostenibile.
- Le aree urbane sono più che raddoppiate dal 1992. Eentro 20 anni l’area del pianeta occupata dalle città potrebbe aumentare di una superficie pari a quella di Francia, Germania e Spagna messe insieme, invadendo 1,5 milioni di di chilometri quadrati. Le stime delle Nazioni Unite indicano che entro il 2050, gli abitanti della Terra passeranno dai 7 miliardi di oggi a 9 miliardi, vale a dire che ci si attende in media circa un milione di persone in più alla settimana per i prossimi 38 anni. Poiché si prevede che la maggior parte di questo aumento riguardi i centri urbani, la cui popolazione aumenterà anche a seguito della continua migrazione dalle aree rurali, nelle città riceverebbero un ulteriore miliardo di persone: il totale della popolazione urbana prevista per il 2050 è di 6,3 miliardi, contro i 5,3 miliardi di oggi.
- L’inquinamento da plastica è decuplicato dal 1980; 300-400 milioni di tonnellate di metalli pesanti, solventi, fanghi tossici e altri rifiuti provenienti da impianti industriali vengono scaricati ogni anno nelle acque del mondo; i fertilizzanti che entrano negli ecosistemi costieri hanno prodotto più di 400 “zone morte” oceaniche, per un totale di oltre 245.000 km2 (591-595) – un’area complessiva superiore a quella del Regno Unito.
Le aree protette, alle quali sono in parte da aggiungere i sistemi di gestione territoriale ambientalmente sostenibile come i siti riconosciuti da UNESCO, sono richiamati al punto 5 della nostra lista come un fattore in controtendenza. Ma questo resta un elemento che non ha garantito un rallentamento dei processi globali di aggravamento dell’uso delle risorse genetiche del pianeta e degli ecosistemi che da queste sono generati.
Oggi nel mondo è salvaguardato il 15% delle terre emerse, oltre al 7% del mare: le aree protette terresti interessano più di 20 milioni di km2 a terra e quelle marine quasi 27 milioni di km2.
Le difficoltà che le politiche di conservazione incontrano sono un fenomeno da analizzare sotto molteplici punti di vista e il Congresso IUCN si è organizzato per affrontare in più sessioni tematiche i problemi. Sono 7 gli ambiti di lavoro:
Landscapes (Paesaggi e territori) Il tasso di estinzione delle specie continua a crescere in modo allarmante; occorrono politiche accurate che consentano una inversione di rotta in modo da fermare, entro il 2030, la scomparsa di forme di vita che costituisce una grave perdita di biodiversità a livello planetario.
Freshwater (Risorse di acqua dolce) L’acqua dolce costituisce solo il 3% dell’acqua totale presente sulla Terra, calcolando fiumi, laghi, torrenti, sorgenti, stagni e zone umide. Questi bacini idrici sono essenziali per la sopravvivenza di tantissime specie e preziosi per l’umanità: occorre un nuovo approccio nella loro gestione, anche alla luce dei mutamenti climatici che ne stanno modificando le caratteristiche.
Oceans (Oceani) Gli oceani sono fondamentali per la vita ed anche per l’equilibrio climatico e va ripristinato il loro stato di salute. Occorre un intervento urgente per limitare ed azzerare gli effetti nocivi di attività umane quali l’inquinamento (soprattutto di plastica, ma non solo) e la pesca intensiva. Le aree marine protette hanno dimostrato che è possibile percorre una strada all’insegna della sostenibilità. E’ necessario incrementare la collaborazione internazionale che vada oltre le leggi dei singoli Stati.
Climatechange (mutamenti climatici) L’impatto distruttivo dei cambiamenti del clima sugli ecosistemi e sul tessuto sociale ed economico degli uomini è ormai evidente. Serve una forte iniziativa internazionale per portare avanti le intese siglate alla Conferenza di Parigi sul clima. L’ impegno per il clima cruciale è per il nostro futuro, per evitare che si giunga a situazioni irreversibili e indirizzare le attività umane sempre più verso la sostenibilità ambientale.
Rights and governance (Diritti e governance) In molte parti del mondo vi è ancora un forte squilibrio nei processi decisionali che tiene al di fuori donne, giovani, popolazioni indigene e gruppi sotto-rappresentati. Una giusta governance dei temi ambientali richiede forme eque di condivisione e partecipazione e, a tale scopo, vanno individuati strumenti efficaci nell’ambito della legislazione ambientale internazionale.
Economic and financial systems (sistemi economici e finanziari) E’ importante utilizzare gli strumenti economico-finanziari per incentivare la sostenibilità. Quanto vale il capitale naturale? E come quantificare economicamente il ritorno degli investimenti a favore della compatibilità ambientale? Questi strumenti di valutazione vanno utilizzati sempre più al fine di indirizzare gli investimenti, pubblici e privati, all’insegna dello sviluppo sostenibile.
Knowledge, innovation and technology (Conoscenza e innovazione tecnologica) La perdita di ecosistemi e specie e la pressione negativa dei mutamenti climatici impone uno sforzo di innovazione nelle strategie di difesa e tutela della natura. Sta alla comunità di coloro che si occupano di conservazione ricorrere in modo creativo alle ultime frontiere tecnologiche per tutelare habitat e ambiente: dall’intelligenza artificiale al web, alle tecnologie mobili. Allo stesso modo vanno valutati gli impatti negativi sugli ecosistemi delle stesse tecnologie digitali e cercare soluzioni adeguate affinché esse siano al servizio della conservazione del capitale naturale e non viceversa.
I prossimi dieci anni saranno cruciali per il futuro del pianeta, per la tutela della biodiversità e dell’ambiente. In questa prospettiva il Congresso della IUCN è uno passaggio fondamentale per individuare le principali linee strategiche da adottare a tutela della natura a fronte dei mutamenti climatici e dei loro impatti sugli ecosistemi egli habitat.
Di fronte a queste sfide un elemento si rinnova ancora con più evidenza: le aree protette devono assumersi la responsabilità di rappresentare un focus di riferimento per lo sviluppo delle politiche per la natura, soprattutto interpretando il ruolo di stimolatrici di cultura ed etica per l’ambiente. Queste realtà hanno tenuto alta la professionalità e la gestione per gli equilibri naturali, in esse si sono riconosciute le teorie e le filosofie della natura e pertanto da esse e in esse deve essere riconosciuto un ruolo importante di hub per estendere al loro esterno la cultura per l’ambiente.
In qualche misura in esse si deve sempre più affermare la loro capacità di parlare all’esterno del loro confine ed all’esterno dei loro addetti ai lavori, per estendere a livello di tutta la popolazione il messaggio che è incluso nella conservazione della natura, che è un messaggio di salute per il Pianeta e quindi per Noi che lo abitiamo.
L’occasione di Marsiglia sarà anche questo e tutti siamo chiamati a contribuire anche inviando materiali e paper.
L’assemblea generale sarà il momento di massimo confronto per l’elaborazione delle linee di indirizzo per i prossimi anni. Oltre all’elezione del consiglio e degli organismi direttivi della IUCN, l’assemblea assumerà delle raccomandazione e indicazioni operative per la conservazione della natura per il prossimo decennio destinate soprattutto ai governi e ai policy makers. All’assemblea partecipano oltre milletrecento rappresentati di esperti della comunità scientifica e in campo ambientale, stati, agenzie governative, Ong, comunità indigene, associazioni ed enti impegnati per lo sviluppo sostenibile. I Forum si svolgeranno tra il 12 e il 15 giugno, suddivisi tra incontri di alto livello e seminari specifici. Dal 12 al 17 giugno saranno aperti i padiglioni ove saranno presentate le attività e le ricerche dei vari soggetti aderenti alla IUCN. Per la prima volta il Congresso avrà un’area a libero accesso per i visitatori che potranno immergersi nei temi trattati anche attraverso esperienze digitali, laboratori e attività sportive e ludiche.
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