Reef Check Italia: cos’é cambiato dopo 10 anni?

Sono passati 10 anni dalla pubblicazione dello speciale Collana del Faro su “Reef Check Italia Onlus”. Abbiamo quindi intervistato Massimo Ponti per sapere come proseguono i suoi progetti e soprattutto come continua la conservazione dei reef italiani.

Reef Check Italia Onlus è un’associazione scientifica non lucrativa dedicata alla protezione e al recupero delle scogliere del Mediterraneo e di tutte le aree coralline. A 10 anni dalla pubblicazione dello speciale Collana del Faro su “Reef Check”, il programma che coinvolge il pubblico italiano nella conservazione dei reef, abbiamo intervistato Massimo Ponti per sapere come proseguono i suoi progetti.

 

IL PIANETA AZZURRO: Salve Massimo Ponti, lei è il fondatore della associazione Reef Check Italia, ci potrebbe raccontare il suo percorso lavorativo e come è nata l’idea?

RISPOSTA: Reef Check Italia ETS è un’associazione scientifica non lucrativa dedicata alla protezione e al recupero delle scogliere del Mediterraneo e di tutte le aree coralline. L’associazione nasce come idea progettuale già nel 2006 ma è formalmente fondata nel 2008, da una partnership tra la Fondazione Reef Check, programma di monitoraggio delle scogliere coralline ufficialmente riconosciuto dalle Nazioni Unite (www.reefcheck.org), e il programma di Monitoraggio Ambiente Costiero (MAC), ideato e proposto nel 2006 da alcuni ricercatori delle Università di Genova, Politecnica delle Marche e Bologna. Io ero tra questi, allora giovani, ricercatori. Una esperienza di cui ho fatto tesoro per tutta la mia successiva carriera universitaria.

IL PIANETA AZZURRO: Quali sono gli obbiettivi di Reef Check?

RISPOSTA: Il primo obiettivo dell’associazione è quello di aumentare la consapevolezza pubblica sul valore degli ecosistemi marini e costieri, specialmente quelli del mar Mediterraneo, ma anche delle scogliere coralline tropicali, sui problemi che riguardano la loro salute e le soluzioni a questi problemi. Il secondo obiettivo è quello di contribuire alla tutela di questi ambienti ampliando la capacità di monitorarli attraverso il coinvolgimento dei subacquei e dei cittadini in generale e l’impiego di protocolli standardizzati e appositamente sviluppati. Lo scopo è quindi di ottenere dati di alta qualità scientifica sulla salute degli ecosistemi marini e costieri al fine di agevolarne la gestione e la tutela.

IL PIANETA AZZURRO: Nel 2014 abbiamo fatto uno speciale “Collana del Faro” per parlare di Reef Check, che cos’è cambiato in 10 anni?

RISPOSTA: Da allora, anche grazie alla comunicazione delle “Collana del Faro”, l’associazione è cresciuta e ha moltiplicato le sue azioni. Attraverso le attività istituzionali e i diversi progetti, svolti soprattutto in collaborazione con Aree Marine Protette, Centri di Immersione, Scuole e Università, abbiamo coinvolto diverse miglia di volontari nelle azioni di monitoraggio, coperto quasi tutte le coste di Italia. Le collaborazioni si sono estese a diversi paesi del Mediterraneo: Croazia, Spagna, Francia, Grecia.

IL PIANETA AZZURRO: Come si svolge il programma di monitoraggio? Quali sono le principali tecniche di conservazione utilizzate da Reef Check?

RISPOSTA: La conoscenza è alla base di qualunque azione di conservazione della natura, per questo siamo partiti dal monitoraggio. Sono stati sviluppati protocolli per le spiagge, per i fondali costieri, per le praterie di posidonia, persino per le scogliere frangiflutti e per le reti abbandonate. Ogni protocollo richiede un minimo di formazione pratica e di conoscenze che vengono fornite attraverso brevi corsi. Il protocollo più importante è quello di Monitoraggio degli Ambienti Costieri (MAC) sommersi che vede coinvolti i subacquei volontari nella ricerca di alcune specie emblematiche ed ecologicamente rilevanti del nostro Mar Mediterraneo. Sono specie indicatrici che possono fornirci molte informazioni sullo stato di salute del mare e sull’efficacia degli interventi di gestione.

IL PIANETA AZZURRO: Potremmo dire che la subacquea è essenziale al monitoraggio di alcuni ecosistemi marini. Quanti subacquei negli anni hanno partecipato alle vostre formazioni per aiutare a implementare il vostro protocollo?

RISPOSTA: Purtroppo i sistemi di rilevamento satellitare e aerei cui facciamo affidamento a terra possono ben poco in mare, perché la loro capacità si limita alla superficie. I subacquei hanno il privilegio di poter osservare in prima persona le forme di vita che popolano i nostri fondali e quello che succede. La maggior parte di loro matura una buona conoscenza degli organismi ed è naturalmente interessato alla loro tutela. Coinvolgerli in progetti di monitoraggio ambientale viene quindi spesso molto naturale. Reef Check ha coinvolto e formato oltre 2.000 subacquei volontari, che sommate tra loro hanno realizzato più di 6.000 immersioni e raccolto 62.000 osservazioni. Il patrimonio conoscitivo inestimabile che l’associazione mette a disposizione di tutti, dai cittadini ai ricercatori, con un semplice click! Le forme di consultazione sono molteplici, ma basta consultare la mappa interattiva sul sito web per rendersi conto delle potenzialità.

IL PIANETA AZZURRO: Cos’è il progetto LIFE NatuReef e come è coinvolto Reef Check?

RISPOSTA: LIFE NatuReef (Nature-based reef solution for coastal protection and marine biodiversity enhancement) è un progetto cofinanziato dalla Comunità Europea che ha per scopo l’applicazione, a livello dimostrativo, delle migliori pratiche disponibili per il ripristino delle antiche scogliere di ostriche e sabellarie, reintroducendo le specie autoctone in un raro tratto costiero non urbanizzato della costa dell’Alto Adriatico all’intero del sito protetto di interesse comunitario della Foce del Torrente Bevano, parte del Parco del Delta del Po. Il progetto, che io coordino, vede coinvolte l’Università di Bologna, il Comune di Ravenna, il Parco del Delta del Po, Fondazione Flaminia e Proambiente Scrl. Fin dall’inizio abbiamo coinvolto Reef Check Italia per la sua capacità di appassionare i cittadini e coinvolgerli nella conservazione della natura. L’associazione si occuperà di azioni di monitoraggio sia in spiaggia sia in immersione, attraverso la formazione e il reclutamento di volontari.

IL PIANETA AZZURRO: Ci potrebbe spiegare il processo? Come è possibile potenziare la biodiversità di un certo tratto di mare grazie all’installazione di una scogliera di ostriche?

RISPOSTA: Le ostriche, accrescendosi e cementandosi l’una sull’altra, sono in grado di dare vita a una vera e propria scogliera naturale, ricca di spazi e risorse per ospitare molte altre specie. Essendo formidabili filtratrici, contribuiranno a mantenere buona la qualità dell’acqua. Inoltre, la scogliera sarà posizionata in modo da proteggere dalle mareggiate e conseguente erosione un tratto di costa di grande importanza naturalistica. Questi habitat sono fondamentali per mantenere i mari in buona salute, ricchi di risorse e per contrastare gli effetti negativi dei cambiamenti climatici.

 

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Scrive per noi

Mariarita Caracciolo
Mariarita Caracciolo
Laureata in biologia marina e gestione degli ecosistemi marini costieri, con un dottorato in ecologia e biodiversità del plankton marino. Dopo anni dietro un pc ad analizzare dati, ha deciso di specializzarsi in comunicazione scientifica, perché pensa che la ricerca sia inutile se non è accessibile a tutti. Ha recentemente aperto la sua azienda “The Eco Odyssey” perché crede che la comunicazione e l’educazione ambientale siano fondamentali, in questo momento di transizione ecologica. La sua passione è il mare e vuole condividerla con le persone, educando alla conservazione marina, a vivere e viaggiare consapevolmente e rispettando la natura.

Mariarita Caracciolo

Laureata in biologia marina e gestione degli ecosistemi marini costieri, con un dottorato in ecologia e biodiversità del plankton marino. Dopo anni dietro un pc ad analizzare dati, ha deciso di specializzarsi in comunicazione scientifica, perché pensa che la ricerca sia inutile se non è accessibile a tutti. Ha recentemente aperto la sua azienda “The Eco Odyssey” perché crede che la comunicazione e l’educazione ambientale siano fondamentali, in questo momento di transizione ecologica. La sua passione è il mare e vuole condividerla con le persone, educando alla conservazione marina, a vivere e viaggiare consapevolmente e rispettando la natura.

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