Il mare tra arte e industria: intervista a Sara Biancardi

Sara Biancardi, biologa marina, divulgatrice e artista ambientale, si racconta in questa intervista di Pianeta Azzurro.

Sara Biancardi, biologa marina, divulgatrice, artista. Per favore, presentati ai nostri lettori raccontandoci della tua formazione e di qualche progetto in cui sei coinvolta in questo momento.

Ciao Andrea, sì, sono una biologa marina, mi sono laureata circa due anni e mezzo fa. Diciamo che ho sempre avuto la passione per il mare, ma la biologia non è stata sempre un mio obiettivo professionale. Non ero una di quelle bambine con il grande sogno di diventare, chessò, un’avvocatessa o un’astronauta. Prima è venuto il mare e poi la biologia marina, non viceversa.

Fin da piccola, però, volevo capire i processi naturali. Sai, perché le foglie ingialliscono, perché un certo pesce si trova solo su un determinato tipo di scoglio e da nessun’altra parte. La biologia marina è stata per me un modo di trovare sempre nuove domande da pormi. Mi sono laureata all’Università di Genova, e lì c’è stato un corso che mi ha fatto aprire gli occhi su cosa volevo fare nello specifico: un corso sulle specie e gli ecosistemi legati alla pesca industriale. Dopo la laurea ho cominciato a lavorare su dei progetti di censimento del pescato.

Quindi si può dire che il tuo campo d’azione è la relazione tra attività umana e creature marine, si potrebbe dire questo?

Sì esatto. In particolare, in questo ultimo anno ho avuto molto a che fare con i pescatori. Passando settimane a bordo delle loro imbarcazioni, è importantissimo riuscire a instaurare un rapporto con loro. All’inizio mi guardavano con grande diffidenza, d’altronde lo scienziato è stigmatizzato come “quello che vuole far chiudere bottega a tutti”, e quindi come un ostacolo da superare. Però dopo un po’ si sono resi conti che non ero lì per quello, è che anzi avevo bisogno di loro e della loro esperienza diretta per svolgere al meglio il mio lavoro. Hanno cominciato a fidarsi e a prenderci a cuore.

Il progetto più lungo a cui hai partecipato?

Il monitoraggio sui banchi di tonno rosso del Mediterraneo. Due mesi in mare! Difficile abituarsi all’assenza di internet, soprattutto quando avevo ormai finito di leggere tutti i libri che mi ero portata per riempire il tempo libero. Però, lì sulla nave, si ha tanto tempo per pensare e, soprattutto, per osservare il mare, che spesso ti regala momenti esaltanti, come quando incappi in una tempesta e rimani lì, scossa dal vento e dalle onde.

Benissimo. Quindi questo è il tuo presente, il mare visto dagli occhi di pescatori e specie pescate. Ma tu non sei solo una ricercatrice: dalla tua pagina Instagram, è chiaro che sei anche un’appassionata divulgatrice. Come sei arrivata ad aprire un canale?

La mia pagina, @inmareconsara, nasce circa un anno fa. All’epoca avevo un piccolo progetto di divulgazione che portavo avanti con altre tre persone. Poi il progetto è arrivato alla sua fine naturale, ma io non avevo voglia di fermarmi su quel fronte, e ho cominciato a usare il mio profilo Ig personale per iniziare a raccontare il mare e le mie esperienze, anche spronata dagli incoraggiamenti degli altri. Di nuovo, ho deciso di concentrarmi molto sulla pesca, perché mi rendo conto che molti non sanno effettivamente che cosa si trovano sul piatto.

Ora, una curiosità: sulla tua pagina, ho visto diversi post in cui dichiari il tuo amore per le profondità abissali, per gli abissi marini. Le specie che abitano quegli ecosistemi (le poche che conosciamo) sono notoriamente “brutte”. Tu cosa ci trovi di bello?

[Con voce rotta dall’entusiasmo] Ma le specie abissali sono bellissime! Forse proprio perché sono così strane. D’altronde, negli abissi non c’è luce, la pressione è altissima: in un ambiente così difficile, ogni specie ha strategie di adattamento incredibili. Penso sia questo che mi affascina tanto: alla fine la vita trova il modo per prosperare in qualsiasi posto, in qualsiasi luogo, anche il più inospitale.

Interessante come basti cambiare prospettiva per trasformare il brutto in bello! Quindi, ricerca, divulgazione, e ora arriviamo alla terza anima che muove il tuo lavoro: l’arte. Tu dipingi quadri che hanno sempre lo stesso unico soggetto. Ce ne parli un po’?

Beh, anche l’arte mi accompagna da tanto. A dirla tutta, ho frequentato il liceo artistico, e da lì ho sempre disegnato, dipinto. Mi è capitato di usare anche creta, argilla, ceramica. Un’attività che ho sempre tenuto per me, soltanto da quest’anno ho iniziato a mostrarmi un po’ di più sotto questa luce. Quelle che produco in questo periodo sono tele molto astratte, il mare in tempesta visto dall’alto con luci diverse, come fosse una cosa viva.

Una domanda “strana”: l’arte ti aiuta nel tuo processo di comprensione della vita marina?

Penso che scienza e arte siano due cose che si possono assolutamente unire. Ad esempio, se sono alle prese con lo studio di una specie di squalo, lo disegno per ricordarmi meglio i particolari, la forma delle branchie, della coda, ecc. Poi, arte e scienza hanno una relazione storica. Ancora oggi sono in circolazione tavole e illustrazioni bellissime, di prima dell’invenzione della fotografia, che venivano utilizzate per lo studio di animali e piante. Alcune, come quelle di Haeckel e delle sue meduse, sono davvero incredibili, dettagliatissime.

Siamo arrivati alla fine dell’intervista. Ti ringrazio davvero per aver voluto partecipare e, visto che ho notato l’entusiasmo genuino per quello che fai, ti chiedo di lasciarci confessando qui la tua specie marina preferita.

Il tonno, senza alcun dubbio. Superpredatore troppo sottovalutato dalla cultura popolare. È capace di migrazioni incredibili, è velocissimo ed elegante, ma per tante persone non è altro che carne in scatola, il pasto di quando sei di fretta. Vederli in mare fa tutto un altro effetto.

Scrive per noi

Andrea Puglisi
Andrea Puglisi
Classe 1992, laurea in lingue e master in traduzione editoriale. In buona sostanza un nerd del linguaggio e della conoscenza, ha fin da piccolo la passione per la divulgazione scientifica (lo prendono ancora in giro per i VHS di Jacques Cousteau). A fianco al lavoro in ambito editoriale, scrive e allestisce spettacoli teatrali in cui parla di salute delle acque e tensioni geopolitiche. Nel frattempo, aspetta l’occasione di imbarcarsi su un veliero che raccoglie plastica.

Andrea Puglisi

Classe 1992, laurea in lingue e master in traduzione editoriale. In buona sostanza un nerd del linguaggio e della conoscenza, ha fin da piccolo la passione per la divulgazione scientifica (lo prendono ancora in giro per i VHS di Jacques Cousteau). A fianco al lavoro in ambito editoriale, scrive e allestisce spettacoli teatrali in cui parla di salute delle acque e tensioni geopolitiche. Nel frattempo, aspetta l’occasione di imbarcarsi su un veliero che raccoglie plastica.

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