Nevica. Febbraio, come gennaio, qui al Nord è cominciato con la neve. Erano diversi anni che i fiocchi bianchi (un’altra delle meraviglie dell’acqua, l’unico composto – credo – capace di manifestarsi naturalmente nei tre stati della materia) non si vedevano tanto di frequente qui in pianura; e anche in montagna le nevicate di un tempo si erano fatte sempre più rade costringendo gli addetti ai lavori a ricorrere sempre più spesso alla neve artificiale con elevati consumi d’acqua, risorsa preziosa soprattutto in ambiente montano dove è diventata piuttosto rara e ricercata.
La nevicata mi ha anche fatto ripensare a un amico che lavora sull’Appennino e che commercia in stufe. Un paio di anni fa lo avevo trovato molto scoraggiato. Un inverno mite, seguito da una lunga primavera e da un’estate anticipata, aveva decurtato notevolmente il suo volume di affari e diradato i clienti. Per consolarlo gli avevo detto di tenere duro. È vero, gli avevo spiegato, che il cambiamento climatico è una realtà che vede concordi il 90% degli scienziati, ma sui tempi ci sono opinioni diverse. In fondo il ciclo dell’acqua è sempre lo stesso: quella che evapora alla fine deve ricadere e, statisticamente, la neve è destinata a tornare quanto prima. In ogni caso, avevo aggiunto, comincia ad occuparti anche di energia solare, applicando grossolanamente il principio di precauzione o, se preferite, il consiglio evangelico di “farsi trovare preparati”.
La neve, dunque, è tornata, suscitando entusiasmi e mugugni in uguali percentuali. I paesi di montagna e le stazioni sciistiche hanno acceso, credo, ceri di ringraziamento a profusione e visto rifiorire la propria economia il che, in questi tempi di crisi (globale come il cambiamento climatico), deve essere considerato un vero miracolo. Ed è questo che mi ha indotto a parlare di neve e degli amici miei. A ben vedere i problemi affrontati dal mio conoscente dell’Appennino sono la chiara dimostrazione di come le variazioni ambientali possano influire sulla nostra specie in misura molto maggiore di quanto si pensi andando a toccare gli interessi di ciascuno di noi, perfino di chi è convinto che i mutamenti del pianeta siano così grandi da toccare unicamente i massimi sistemi come se questi fossero entità isolate da tutto. Forse essere sfiorati da qualche anomalia del pianeta (se siamo sensibili basta un tocco senza scomodare uragani, inondazioni o siccità che si prolungano per anni) potrebbe aiutarci a modificare le nostre abitudini in meglio. Forse la crisi economica potrebbe avere qualche benefico effetto sul pianeta spingendoci a risparmiare anche sui consumi energetici, a pretendere soluzioni meno inquinanti, più efficienti e a mettere in pratica (siete tutti invitati a farlo, almeno un po’) il motto “I care” (m’importa, ho a cuore) che Don Milani (lui sì che era un grande fratello) aveva scritto sui muri della sua scuola di Barbiana. Insomma un’occasione per dare vita a un’economia più eco-logica. Obama (citarlo è ormai un obbligo per tutti) ha aperto al verde, ha dato un segnale e mai come in questo caso potremmo dire: se sono rose, fioriranno”.
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